Avviene così che Fuga si sintonizzi ben presto con le operazioni tipiche dell'Arte Povera e delle performance ambientali, innescando processi di antinatura e di antiscultura con una serie di opere ben caratterizzate. I lavori del '68-'69, esposti sia a Venezia che in altre città (oggi in gran parte deteriorati e dispersi) sono orientati a svolgere la tematica del ripudio della forma pura, idealmente perseguita dal suo maestro Viani.
I cubi e i parallelepipedi, nitidi e spogli nella loro essenza volumetrica come dei Viani portati al parossismo, percorsi come sono dai tubi in plastica PVC parlano di una scultura quasi fatta in dimensione industriale, ma non nella chiave delI'arte programmata, piuttosto nella dissacrazione e nel depistaggio, se non addirittura neI detournement semantico.
L'antinomia tra purezza della precisione e impuro del caotico ritorna anche nelle sculture eseguite attorno al 1969, questa volta nel materiale della sua formazione, la ceramica. Ècerto singolare che, tornato a operare nel paese natale di Nove, Fuga fosse subito in grado di piegare l'antico medium alle sue nuove esigenze espressive, inventando un tipo di scultura che risultava nuova anche in un contesto così ricco
e fervido come quello degli scultori ceramisti.
Il geometrico e l'organico diventano così gli estremi opposti che, accostati e coinvolti, simboleggiano tutti i contrasti, tutte le contraddizioni. Se con i materiali di provenienza industriale l'artista si collocava nell'alveo dell'Arte Povera, l'impiego dei materiali ceramici (che da allora sono rimasti esclusivi nella sua attività) spinge Fuga a innovare in quell'ambito della scultura, orientando l'informe della "creta" ben oltre i confini dell'informale, sottraendosi altresì alle tendenze oggettuali dominanti.
Nico Stringa